Il Sacro Monte di Graglia Santuario

Un esempio di arte antica popolare
testo di Maria Teresa Molineris

Si parla spesso dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia (Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta, Ossuccio, Varallo, Varese), ma raramente si parla dei Sacri Monti minori, dei quali rimangono pochi ricordi o soltanto qualche vestigia. Al Santuario di Graglia, ad esempio, ci sono quattro cappelle, incorporate all’edificio della chiesa, più una nella chiesetta che si trova in cima al Colle di San Carlo…. le cappelle inserite nella struttura del grande Santuario della Madonna, situato ai piedi del Colle. Sono cappelle che contengono statue la cui bellezza è decisamente accostabile a quella delle statue dei Sacri Monti maggiori, come Varallo o Oropa. In una, la più bella, è rappresentata la “Presentazione di Gesù Bambino al tempio”. Seppur in uno spazio relativamente esiguo, la scena ha una teatralità forte, elegante e solenne. Una decina di personaggi, statue in terracotta policroma ad altezza naturale, compongono la scena. Molto bella la profetessa Anna, altrettanto dicasi del Sommo Sacerdote, a cui l’artista è riuscito ad imprimere maestosità e bellezza nella forza espressiva dello sguardo che rivela gioia infinita , stupore e, nell’attuarsi della profezia (non sarebbe morto senza vedere il Messia) una totale felicità. Impareggiabile poi il gesto della Madonna che, con semplicità e umiltà, presenta al Sacerdote il suo Bambino, un bambino che sembra trionfare, divincolandosi come se fosse realmente vivo, in centro alla scena. L’autore, dicono le indicazioni, era Carlo Pagano. Si conosce anche il nome di Prospero Placco che ha realizzato i dipinti sullo sfondo della cappella: una serie di colonne tortili come quelle del baldacchino di Bernini in San Pietro a Roma,con la variante di tralci di vite con grappoli e pampini che si inseriscono negli spazi ricurvi delle colonne stesse. Nella cappella attigua è rappresentata la scena della “Circoncisione”, l’atto che, secondo il “patto” con Dio, rendeva il maschio ebreo parte viva e incancellabile della comunità ebraica. Stessi autori per le statue, stessa bellezza e imponenza, con la scena che riveste una sua indicibile solennità.

L’altra cappella presenta “L’adorazione dei magi”. Lo stile è diverso perché diversi sono il tempo di esecuzione e gli autori. Per la realizzazione delle statue c’è il nome del biellese Francesco Pozzi, che è l’autore anche della statue della cappella della “Natività”. Quest’ultima cappella è inserita nell’edificio del Santuario, entrando, a destra. E’ la più nota ed ha l’aspetto di un comune presepe. Le statue sono più semplici, pur con notevole grazia e bellezza. La Madonna riveste abiti di una comune donna del tempo, come gli altri personaggi, Giuseppe e i pastori, che hanno tuttavia una loro espressività estremamente gentile. Non mancano gli animali, come l’agnello che il pastore porta sulle spalle, o l’asino e il bue che compaiono sullo sfondo. Non mancano infine gli Angeli che circondano la scena, belli, come sempre, in preghiera tra brevi nuvole che accennano al cielo. Il Bambino Gesù, delicatamente raffigurato, è posato sulla paglia, in un canestro di vimini che è diventato la sua culla, in centro alla scena. Il recente restauro ha felicemente ricomposto l’insieme di questa cappella, che conserva il fascino dell’arte antica.

E’ tutto ciò che resta, faticosamente ricuperato e restaurato dell’antico progetto, che ancora oggi possiamo definire “faraonico”, fatto nei primi anni del XVII secolo (1664-1684 data di costruzione delle prime cappelle) dal parroco di Graglia, don Velotti, che, di ritorno dalla Terra Santa, e su esempio del frate Bernardino Caimi che aveva realizzato il Sacro Monte di Varallo, voleva realizzare a sua volta, per accrescere la fede della gente, una “Nuova Gerusalemme. Palestina del Piemonte” detta “di San Carlo a Graglia”, che facesse memoria dei fatti della vita e della Passione di Cristo. Il progetto prevedeva la costruzione di cento cappelle, con statue policrome in terracotta, a grandezza naturale, che partissero dalla narrazione della Genesi fino alla morte in croce e alla sepoltura di Gesù, abbracciando lo spazio che da Campra, attraverso il Colle della Divina Bontà, sul quale ora sorge il Santuario (su progetto dell’Artuzzi), raggiungesse la cima del Colle di San Carlo, dove già sorgeva un piccolo edificio sacro.

Tratto da www.biellaclub.it

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